Arte

Tradizione e promozione artistica

Descrizione

Non v’è dubbio che Zero Branco, Sant’Alberto e Scandolara possano fregiarsi di alcuni antichi edifici che costituiscono importanti testimonianze culturali del passato locale ma che al tempo stesso ancora oggi contribuiscono in maniera determinante alla bellezza ed alla suggestione del paesaggio nostrano: tali costruzioni sono rappresentate non solo da un buon numero di “Ville venete” ed altri palazzi, talvolta molto antichi, ma naturalmente anche dagli edifici delle tre chiese parrocchiali, da cui sarà opportuno dare avvio alla nostra panoramica.

La chiesa di Zero sorge all’incrocio di un cardo e di un decumano dell’antica centuriazione romana, laddove dovette svilupparsi il primo e più antico nucleo abitativo del paese.
Si presenta come edificio basilicale a tre navate, con coro, transetto e cappelle laterali. Sembra di dover porre molto indietro nel tempo la costruzione dellaprima versione dell’edificio, intitolato all’Assunzione della Vergine: il titolo stesso di Santa Maria Assunta, infatti, ebbe una prima diffusione nel V e nel VI secolo e una seconda in pieno Medio Evo ad opera soprattutto dei Cistercensi. In una bolla del 1152 in cui papa Eugenio III confermava al vescovo di Treviso Bonifacio i possedimenti della sua diocesi , la chiesa di Zero Branco veniva nominata quale chiesa madre di una pieve dacui dipendevano le chiese filiali di Sant’Alberto, Rio San Martino e San Bughé. Secondo la testimonianza di un’iscrizione ora perduta mavista nel secolo scorso da Francesco Scipione Fapanni, una ricostruzione dell’edificio dovette aver luogo probabilmente intorno al 1495 per iniziativa del Pievano Cristoforo da Brescia. All’inizio del ‘600 la chiesa, già articolata in tre navate, subì nuovi lavori di ristrutturazione: la nave centrale fu rialzata e vennero aperte cappelle laterali. Il 17 agosto 1642 fu riconsacrata in onore della Beata Vergine Maria dal vescovo di Treviso Marco Morosin. Nel 1696 venne iniziata la costruzione del campanile, mentre la chiesa non ebbe nuovi interventi sino alla prima metà del XIX secolo, quando nel 1847 venne riedificata la facciata ad imitazione di quella palladiana di S.Francesco della Vigna a Venezia e nel 1857 venne rifatto il pavimento. L’altare maggiore fu realizzato nel 1695 ad opera dei Fratelli Bettanelli di Venezia; nel 1759 fu la volta del pregiato organo, costruito dal veneziano Giovanni Placa; nel 1779 l’asolano Giovanni Bitante impreziosì con stucchi il soffitto della chiesa e le cappelle degli altari di S.Antonio, S.Gaetano e dellaS.S.Trinità. Le più importanti opere pittoriche conservate all’interno dell’edificio sono: la pala raffigurante la “Madonna del Parto”, posta sull’omonimo altare laterale della navata sinistra, opera autografa di Jacopo Palma il Giovane che la dipinse quale replica deldipinto oggi nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia di Venezia, e la “Sacra Conversazione”, al centro dell’altar maggiore, avente per soggetto la Madonna col Bambino e i Santi Pietro, Marco, GiovanniEvangelista e un Angelo Musico: la pala era un tempo attribuita al settecentesco Gregorio Lazzarini, ora viene invece assegnata a Vittore Belliniano, discepolo del più grande pittore veneziano del ‘400, Giovanni Bellini; entrambe le opere sono state recentemente restaurate per iniziativa della Pro Loco e del Comune di Zero Branco. Altro dipinto degno di menzione è quello raffigurante Gesù Bambino con i Santi Antonio e Valentino, opera dell’artista veneziano Giovanni Carlo Bevilacqua (1775-1849).

La chiesa di S.Alberto, a detta del Fapanni, deve il suo nome al fatto di essere stata anticamente annessa ad un convento-ospizio di Carmelitani i quali la intitolarono ad ecclesiastici appartenuti al loro stesso ordine religioso: dapprima al Beato Alberto, patriarca di Gerusalemme, quindi a S.Alberto di Monte Trapano, predicatore martirizzato. L’edificio fu ricostruito e riconsacrato una prima volta nel 1621, poi nel 1883 in onore di S.Alberto. L’interno si articola in tre navate con colonne a sostegno di archi in cotto e presenta quattro altari fra cui quello maggiore, collocato in fondo al coro, in legno dorato. Alcuni dipinti raffigurano i Santi Alberto, Agostino, Antonio da Padova, oltre alla Beata Vergine col Bambino.

La chiesa di Scandolara, ancora secondo il Fapanni, esisteva già nel lontano ‘300 quando, intitolata a S.Martino Vescovo, era una delle cappelle della Pieve di Trebaseleghe: anch’essa tuttavia dovette essere più volte ristrutturata nel tempo. La chiesa custodisce al proprio interno tre altari, quello maggiore sul fondo e due laterali entrocappelle; un accenno merita il dipinto con la Beata Vergine del Rosario ed il profeta Simeone. Il campanile fu costruito nel 1760, le attuali campane vennero fuse dai fratelli De Poli di Ceneda nel 1859.

Ritornando a Zero Branco l’edificio sicuramente più rappresentativo, oltre che più antico e più annoso di storia di tutto il Comune, secoli orsono legato alla vita ed al mondo ecclesiastici, ora posseduto e abitato da privati è il Palazzo Sagramora. La costruzione, giunta praticamente intatta attraverso i secoli, appare in tutta la bellezza dello stile gotico trecentesco: al piano terra si presenta armoniosamente cadenzata da una serie di cinque arcate ogivali che si aprono sul retrostante porticato, in facciata poi mostra alcuni avanzi della vivace policromia con cui nel quattordicesimo secolo si trasformavano i prospetti degli edifici incaleidoscopici arabeschi decorativi. Il palazzo, come risulta da un documento del 1503, era all’epoca una sorta di convento, o meglio un ospizio retto dalla Scuola dei Battuti, destinato all’accoglienza dei pellegrini: vi erano a disposizione cinque letti, oltre all’alloggio delle vedove e dei confratelli della scuola.

Veniamo adesso alle numerose “ville venete” che sorgono nel territorio comunale, le più significative delle quali si concentrano a Zero Branco. La più conosciuta è senza dubbio Villa Guidini: l’edificio si trova felicemente inserito nel contesto naturalistico del colmello Conche e immerso in un bellissimo parco (di estensione peraltro molto inferiore a quella originaria) ricco di una pregiata varietà di piante nobili fra cui annosissimi cerri.
La facciata della villa rivolta al parco si presenta finemente compartita in riquadri ecampiture; il secondo piano dell’edificio centrale, fornito di terrazza lievemente aggettante e terminato in alto dall’abituale frontone, è ornato ai lati da anse incurvate di gusto tardo-barocco. I lavori di costruzione della villa ebbero inizio nel 1699 su commissione della famiglia veneziana dei Dente, ricchi commercianti di granaglie. Del 1698-99 è la campana dell’annesso oratorio di S.Ignazio, consacrato il 26 agosto 1712 e impreziosito da eleganti stucchi e da un altare marmoreo con pala dipinta raffigurante la Madonna del Carmine con Gesù Bambino e i SantiAntonio da Padova e Ignazio di Loyola. Gli stucchi degli interni della villa, aventi per soggetto frutta, fiori e volatili, vennero eseguiti intorno alla metà del ‘700 dall’asolano Giovanni Bitante, autore anche degli stucchi della chiesa parrocchiale. All’incirca alla metà del secoloscorso l’edificio fu acquistato da un ingegnere svizzero, GiovanBattista Guidini: questi, alla sua morte, lo lasciò in eredità all’Associazione Combattenti e Reduci di Venezia, che infine lo cedette al Comune di Zero Branco. In origine le barchesse occidentali della residenza ospitavano i granai e le cantine, quelle orientali (oggi non più esistenti) la lavanderia e gli appartamenti dei custodi. Nel 1915 venne edificato davanti all’oratorio un “fornasotto” per la produzione di mattoni che fu in seguito demolito; nel 1950 la barchessa occidentale fu ampliata per la creazione di un laboratorio di spezie.

Spostandoci verso il centro del paese, lungo la strada Noalese si affacciano a breve distanza l’una dall’altra due altre “ville venete”. La prima, a poche centinaia di metri dal cuore di Zero Branco in direzione di Treviso, è Villa Albuzio, risalente all’incirca al 1580: l’edificio è preceduto da un vasto prato contornato su tre lati da filari di frassini e tigli; vi si sono rinvenuti in passato, in occasione di scavi, antichi resti murari di epocaromana o più probabilmente medievale. La facciata del corpo abitativo principale, articolato in una semplice struttura parallelepipeda a tre piani, è dipinta a fasce orizzontali su cui si stagliano complicati arabeschi vegetali e protomi antropomorfe di colore rosso: sulla destra, una breve ala a due piani pure affrescata a vivaci fasce orizzontali, mostra in facciata lo stemma araldico della famiglia Albuzio; segue la barchessa, piacevolmente ritmata da cinque ariose ed ampie arcate, oltre la quale si trovano una suggestiva collinetta adibita a ghiacciaia ed un altro edificio utilizzato durante l’inverno come limonaia. Dietro la villa si prolunga in lontananza un prato a cannocchiale prospettico bordato ai lati da siepi. La seconda “villa veneta” che incontriamo lungo la strada Noalese, situata quasi a ridosso della piazza municipale in direzione di Scorzè, è la settecentesca Villa ex Albuzio (ora Corò), appartenuta finoa pochi anni or sono alla stessa famiglia proprietaria della residenza appena descritta. Si tratta di un elegante edificio riferibile ad una tipologia architettonica molto simile a quella di Villa Guidini (peraltro coeva), strutturato in un corpo centrale a tre piani con coronamento a timpano e in due laterali più bassi forse in origine adibiti a barchesse; anche Villa exAlbuzio era anticamente circondata da un vasto parco bordato dal fiume Zero e ricco di pini, magnolie e limoni: di esso sopravvive il prato antistante la facciata sulla Noalese, al quale si accede attraverso una coppia di robusti pilastri modanati e sormontati da statue.
A non molta distanza da Villa exAlbuzio, lungo la strada per S.Alberto (Via Pietro Sola), sorge Villa Bon, settecentesco edificio timpanato abbellito da stucchi nelle sale del pianoterra e del primo piano: la parte principale della costruzione, al centro, era residenza della famiglia Bon soltanto durante la stagione estiva, mentre l’ala destra era normalmente abitata dalla famiglia Sola presso la quale, essendone imparentato, soggiornò Enrico Fermi durante l’infanzia. Accanto alla villa si trova l’annesso oratorio dedicato a San Pietro, al cui interno si conserva un dipinto del Duse raffigurante l’apostolo. Più nulla oggi resta dell’anticoparco.

Per terminare questa breve rassegna delle “ville venete” di Zero Branco, bisogna indubbiamente parlare anche di Villa Libralato: l’edificio, situato in Via Milannella verde e serena campagna del colmello Branco, presso uno dei tratti più belli e suggestivi del fiume Zero e sul limitare di un’area ricca di boschi, si articola in due piani sovrastati da timpano e presenta al proprio interno, come buona parte delle ville considerate, raffinate decorazioni a stucco.

Concludiamo la nostra panoramica sui beni storico-artistici del Comune di Zero Branco accennando ad alcuni edifici di Sant’Alberto: è qui che doveva sorgere, a detta del Prof. Cozzi, la villa in cui solevano trascorrere la villeggiatura nel ‘700 i consoli del re d’Inghilterra a Venezia; sempre a Sant’Alberto, inoltre, aveva una villa e dei possedimenti terrieri la ricca famiglia veneziana (ma originaria di Brescia) dei Corniani: come racconta Alberto Golin, nel 1780 Giacomo Corniani acquistò il preesistente oratorio di S.Girolamo (fatto costruire tra il 1747 ed il 1757 dalla famiglia Borsa) e ne fece abbellire la facciata aggiungendovi una dedica, ancora esistente, che riportava l’indicazione dell’anno 1783; l’oratorio, di recente restaurato, presenta la facciata elegantemente suddivisa in riquadri rettangolari e sormontata da ricca trabeazione e timpano; all’interno, sul fondo, si può ammirare l’altare marmoreo di S.Girolamo con la pala dipinta raffigurante la Madonna col Bambino e Santi.

A cura di Pier Luigi Duprè

Ultimo aggiornamento: 04/09/2024, 17:00

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